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Donne e galline

Un rapporto di complicità

La cura e l’allevamento domestico delle galline (pite, pites, piti)  è ancora oggi un’attività prevalentemente femminile e comporta una serie di minute e ripetute pratiche quotidiane, di piccoli gesti e attenzioni, di contatti ravvicinati coi volatili. Questa sezione del museo è dedicata proprio al rapporto tra donne e galline. La gestione attenta di un pollaio consentiva alla padrona di casa di disporre di un minimo di autonomia alimentare ed economica, soprattutto attraverso la vendita o lo scambio delle uova.

Le donne sviluppavano abilità adeguate per ottenere uova di qualità e per controllare la riproduzione, affinando una particolare perizia nel riconoscere le caratteristiche delle uova, nel valutarne la freschezza e la consistenza del guscio, nel prevedere dalla loro forma il sesso del pulcino, nel conservarle nei mesi invernali immerse nella sabbia o nella calce. Nelle zone più fredde della provincia si teneva in cucina una gabbia lignea (caponèra) per le galline ovaiole oppure si riservava loro una nicchia sotto il focolare.

La consuetudine delle donne con il pollame consentiva l’instaurarsi di rapporti di complicità e di comprensione: le pite “chiamano” quando sono trascurate e manifestano gioia all’arrivo della padrona. E’ significativo che nei richiami alle galline (al  museo se ne possono ascoltare undici modi diversi) ricorrano spesso i termini picole e bèle. Tuttavia, accanto a questo scambio reciproco di attenzioni, le donne esercitavano nei confronti dei volatili anche costrizioni violente e radicali volte a limitarne drasticamente la libertà: riduzione delle ali, taglio e bruciatura del becco, legatura della chioccia per non farla allontanare dalla cova. Ne controllavano il comportamento per dissuaderle a chiocciare e, quanto ai polli, ne incrementavano lo sviluppo ricorrendo alla castrazione.

Il pollame veniva mangiato raramente e in occasioni speciali: il parto, la malattia, le nozze, come ben sottolinea il proverbio: co l contadìn magna na pita o che l é malà el o che l é malàda la pita (quando il contadino mangia una gallina o è ammalato lui o e ammalata la gallina).


Sempre nella sezione “Secondo piano”

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La cura del bosco e l'uso alimentare e terapeutico della vegetazione spontanea
Alpeggio e fienagione
Lo sfruttamento scalare dei pascoli e la produzione del foraggio
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Aggiornata lunedì 14 novembre 2022 a cura di Marco Zucco

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